Le terapie mediche e le cure fisiche e riabilitative del prolasso femminile sono molteplici (https://www.mariapiadinicola.it) ma nei casi più avanzati è necessario ricorrere alla chirurgia.
Lo scopo dell’ intervento è quello di riportare gli organi prolassati il più vicino possibile alle loro posizioni originarie, attraverso l’ utilizzo di diverse tecniche, con lo scopo di ridurre la sintomatologia causata dallo spostamento degli organi stessi.
Negli ultimi vent’ anni, la chirurgia addominale è stata sempre più utilizzata per trattare il prolasso di organi pelvici. I principali vantaggi sono stati la minima invasività e la possibilità di avere un approccio alternativo alla via vaginale.
La procedura più comunemente eseguita è stata la sospensione dell’apice vaginale alla colonna vertebrale, in corrispondenza del sacro, mediante un intevento chiamato colposacropessia.
L’applicazione laparoscopica convenzionale di questa procedura è stata descritta per la prima volta nel 1994 da Nezhat et al. e non ha ottenuto un’adozione diffusa a causa della lunga curva di apprendimento associata alla metodica laparoscopica.
Nel 2005 l’ FDA (http://www.fda.gov) ha approvato l’ utilizzo del robot da Vinci® (https://it.wikipedia.org ) per la chirurgia ginecologica rendendo l’ intervento mini-invasivo. La chirurgia robotica si è fatta strada neltrattamento del prolasso (POP) e ha permesso ai chirurghi pelvici di ottimizzare la tecnica della sacrocolpopessia addominale rendendola minimamente invasiva con una ridotta convalescenzae minore morbilità durante l’ intervento.
Finora abbiamo pochi risultati a lungo termine e non sono conclusivi per valutare se l’ efficacia della procedura robotica sia migliore rispetto alla laparoscopia tradizionale.
ll vantaggio principale, al momento, è che la robotica possa portare ad un’adozione diffusa di tecniche minimamente invasive nel campo della chirurgia ricostruttiva del pavimento pelvico, di contro il costo dello robot comporta una forte limitazione nella diffusione territoriale della nuova tecnologia.
Vogliamo ricordare che tre donne italiane su dieci soffrono di prolasso dopo i 50 anni, in poche si rivolgono allo specialista per cercare di risolvere un problema che incide notevolmente sulla qualità della vita.